Per informare con dati e nomi

.. “vi è mai capitato di essere vittime di un incidente stradale e di ricevere dal pirata della strada la richiesta di saldare al 50% il suo ricovero in ospedale per il grande spavento nel vedervi a terra feriti? A me no, per fortuna, ma quante similitudini ruotano attorno a queste rocambolesche vicende.. [Imma Cusmai] – (il mio libro è iniziato, mi ha molto ispirato quello di #giuliocavalli: “nomi, cognomi e INFAMI”). 

 

NOMI COGNOMI E INFAMI

Storie eccezionali e persone normali, almeno così dovrebbe essere. Storie che dovrebbero verificarsi di rado, eccezionali appunto, e di persone come tante, normali appunto.

Ma così non è.  Perché ci sono storie che ci raccontano fatti che accadono troppo spesso e persone che per scelta o per forza si ritrovano ad essere meno comuni di tante altre.

Allora forse sono le storie ad essere diventate normali e le persone eccezionali, perché queste storie ci raccontano di mafia e di camorra, di soprusi, di ingiustizie, di violenza. Ma ci raccontano anche di persone che hanno scelto di non piegarsi agli ‘uomini d’onore’ perché l’onore, quello vero, è tutta un’altra cosa e a non farcelo dimenticare qualcuno ci deve pur pensare.

Giulio Cavalli narra in prima persona i fatti, i nomi, le facce di una vita che non ci appartiene e che non ha né onore, né dignità. Storie, per cercare di fare chiarezza intorno ai fatti che stanno dietro ad un omicidio tristemente noto, quello di Paolo Borsellino. O ancora per riportare alla luce fatti forse meno conosciuti, ma non per questo meno carichi di significato, come quelli che hanno per protagonista il magistrato Bruno Caccia, ucciso a Torino dall’ndrangheta per le sue indagini ‘troppo concentrate’ sulle attività illegali sviluppatesi in Piemonte.

Una narrazione su chi questi fatti li ha vissuti e ha cercato di capire e di conoscere, come Giuseppe Fava. Ma anche di chi queste storie le combatte quotidianamente, come Rosario Crocetta e Antonio Ingroia o i ragazzi diAddiopizzo.

Nomi, cognomi e infami è un percorso che attraversa le tante facce della malavita e le storie ad essa collegate, ma anche quella personale e lavorativa dello stesso Cavalli che in una scena essenziale, vuota, ripercorre questi ultimi anni che lo hanno portato a tanti e significativi incontri da cui sono nati dei brevi monologhi.

Ne nasce così un “raccontarsi di pancia” come farebbe il giullare, dalla scelta di riprendere la lezione di Peppino Impastato che diventa per Cavalli l’utilizzo dell’ironia contro la mafia – l’antiracket culturale in cui ridere di mafia è una ribellione incontrollabile – passando per i dati sulle mafie al Nord, fino all’ecomafia e i rifiuti della Campania.

Un percorso legato da un unico filo conduttore per mantenere viva la memoria, certo, ma anche per informare con dati e nomi, per dare voce a chi quotidianamente combatte una battaglia che troppo spesso sembra persa in partenza, per non cadere nella ‘normalizzazione’, per risvegliare le coscienze di una società civile che non può permettersi di ignorare quanto accade, perché se ne parli sempre, non si dimentichi e non si volti mai la faccia dall’ altra parte.

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